TENUTA ANFOSSO

Queste valli del Dolceacqua sono antica terra di confine e di passaggio, troppo dura, scoscesa e avara per garantire sostentamento, mal collegata e lontana, periferica in ogni direzione: è l’estremo lembo occidentale d’Italia e l’ultimo orientale d’Occitania, cui culturalmente appartiene, finanche nella persistenza di alcuni dialetti-lingue. Fare il vignaiolo qui è abbarbicarsi alle proprie radici così come le viti alle loro; la scelta (del 2002) di Alessandro Anfosso e di sua moglie Marisa di restare, proseguendo con caparbietà il lavoro degli avi iniziato nel 1888, non era scontata, così come quella di un pugno di altri “eroici” vignaioli. Angeli matti, per usare le parole di Luigi Veronelli, e tuttavia, davvero, angeli: perché il vino che da queste terrazze (le “fasce”) si riesce a trarre ha qualcosa di angelico nella trasparenza del colore, nella florealità del profumo, nella lirica fragilità della struttura. Poca terra e grama, eppure tante parcelle qui hanno nomi secolari, le nomeranze; Alessandro ne interpreta tre, diverse tra loro, Poggio Pini, Luvaira e Fulavin; ne esprime, al termine di un percorso paziente, la quieta, classica sicurezza, la complessità e l’originalità, l’intensissima sapidità: tutti valori che non possono né andare di moda, né passare di moda.

Il metodo

Da vent’anni tra i baluardi della denominazione, ha stile plasmato sul concetto di misura. Le vigne, ad alberello provenzale, sono tra Soldano e San Biagio della Cima, e hanno un’età venerabile – piante del 1888 a Poggio Pini; del 1905 a Luvaira. La meccanizzazione è nulla; la diraspatura è parziale, e spesso riguarda meno della metà delle uve raccolte; le macerazioni si protraggono per un paio di settimane, e i vini maturano poi in acciaio o (nel caso del Fulavin e dell’intenso bianco Antea, da Rossese Bianco) in piccoli fusti di acacia. Gli affinamenti in vetro sono lunghi e meditati, tanto che i rossi di Tenuta Anfosso sono tra gli ultimi a uscire di un determinato millesimo; sono a quel punto pronti ad affrontare il tempo quasi con nonchalance, come dimostrano i tanti straordinari assaggi di rossi aziendali di dieci o quindici anni di età.