

MARIUS BIELLE
Si parla sempre tropo poco delle denominazioni-satellite della Riva Destra, almeno da noi. Sul posto, le cose vanno diversamente: luoghi (e denominazioni di origine) come Lalande-de-Pomerol attirano non solo l’attenzione dei critici, dei cronisti e degli appassionati, ma anche quella degli investitori. Lalande è insomma una frontiera aperta, e una delle più promettenti dell’intero bordolese: il suo sviluppo nei prossimi anni, una certezza. Per chi volesse però sin da ora verificare qualità e minuzia di quanto vi viene prodotto, non resta che stapparne i vini; ad esempio, quelli classici dello Château de Viaud, un’antica dimora appartenuta a Montesquieu, e che fu acquistato da Marius Bielle nel 1955 per ampliarsi con piccole, mirate acquisizioni di terra fino alla quota attuale di 16 ettari. Lucette, figlia di Marius, ne continua la visione agronomica fondata su due granitiche certezze: la prima è il rispetto per la vigna, la seconda l’artigianalità di qualsiasi procedura, dai lavori di campagna all’etichettatura manuale. Ed ecco i vini, quasi esclusivamente da Merlot (al 95% nei vigneti), deliziosi, florealissimi, articolati e pieni di succo all’assaggio, capaci proprio per il loro equilibrio di micidiale tragitto evolutivo. Il quale procede talmente lento da permetterci di trovare annate come 2004, 2008 e 2011 in forma a dir poco smagliante.
Il metodo

Da vigne di 35 anni di età media, vendemmiate rigorosamente a mano, si ricava un Lalande-de-Pomerol fatto di preziose sottigliezze. Le vinificazioni avvengono spontaneamente in grandi vasche di cemento, ma anche qualche anfora in terracotta viene allo scopo utilizzata; per la verità il legno non viene usato nemmeno per le maturazioni “in quanto non ci ha mai convinti l’idea dell’aromatizzazione del vino” – parole di Lucette Bielle. Le macerazioni sono lunghe e delicate – in cantina ci hanno parlato di “infusione” – così come estesi sono i tempi di affinamento in bottiglia. Nessuna filtrazione. Sono rossi sorprendenti, dalla straordinaria suggestione, frutto di processi nei quali il sapere enologico è sinonimo di sorveglianza e non alibi per la manipolazione.