DOMAINE DE LA PINTE

Il Domaine, già celebre nell’Ottocento ma abbandonato dopo la crisi della fillossera, è “risorto” nel 1953 per iniziativa di un visionario quale era Roger Martin, uno dei pionieri dell’agricoltura sostenibile in Francia. Dal reimpianto, i vigneti, lungo la strada che da Arbois porta, in direzione sud-ovest, a Pupillin, sono stati coltivati nel segno della “sostenibilità”. In stretto regime biologico dal 1989 e in biodinamica certificata dal 2006, essi si estendono oggi per 34 ettari tutt’intorno agli edifici della cantina, con ben 14 ettari a Savagnin, vera “specialità della casa” (il resto è a Poulsard, Trousseau, Chardonnay anche nel raro biotipo “Melon à Queue Rouge” e il Pinot Noir). Elementi ambientali – il microclima decisamente fresco, le potenti escursioni termiche, i suoli antichissimi di marne blu – spiegano per la loro parte la splendida definizione aromatica e gustativa dei vini, che tuttavia trova ragione d’essere anche nella scelta “estetica” di Pierre Martin, il nipote del fondatore. L’integrità “très gourmande” del frutto, la delicatezza delle sfumature floreali e l’intensa acidità dei vini non fanno che esaltare, calice alla mano, la loro dotazione in termini di struttura estrattiva, tannino e sapore.

Il metodo

Coerentemente con i metodi di coltivazione non-interventisti, anche in cantina si fa ben poco, salvo accompagnare una virtuosa trasformazione delle uve, rigorosamente raccolte a mano sull’intera superficie aziendale; a scandire le operazioni di campagna, da trent’anni, è il calendario lunare. Le fermentazioni avvengono senza inoculo a carico di uve interamente diraspate; le solfitazioni vengono operate solo ove necessario e sempre in dosi minime, senza schemi precostituiti (talvolta a inizio processo, talaltra solo all’imbottigliamento, e qualche volta… mai). L’affinamento di quasi tutti i vini avviene in fusti di rovere di varia capacità, con percentuali peraltro molto basse di legno nuovo.