

CLOS D’AUDHUY
Luogo tra i più pittoreschi d’Europa, non conosciuto quanto meriterebbe, la valle del Lot è uno scrigno di tesori artistici e ambientali. Siamo a metà strada tra Bordeaux e Tolosa, nella Francia sud-occidentale, tra colline verdissime, castelli e borghi medievali, boschi incontaminati e panorami fluviali; il fiume Lot, percorribile anche in battello, costeggia vigneti in ordinata struttura, su dolci pianori. Di questa valle è originario il Malbec, che qui sa dar vita a uno dei rossi più potenti, concentrati e longevi di Francia: il Cahors, tra i cui interpreti più sensibili va annoverato il Clos d’Audhuy (con la “i” finale nella toponomastica locale), aziendina da sei ettari portata avanti dal 2014 da Benoît Aymard. Le vigne sono attorno all’edificio-cantina, in situazioni diverse (argillo-calcarei, argillo-silicei, ferrosi; vigne in piano e in forte pendenza, dai 160 ai 260 metri). Ha dunque molto senso la missione che Benoît si è dato: testimoniare nei vini le minime differenze di terroir tra una vigna e l’altra, obiettivo ambizioso per cui servono sensibilità del vignaiolo e talento del vitigno. Ebbene, ci sono entrambi e in abbondanza.
Il metodo

Clos d’Audhuy è in conversione al biologico per tutti i suoi vigneti. In cantina, a seconda delle caratteristiche dei singoli vini, si adoperano materiali diversi: cemento soprattutto, ma anche acciaio, legni piccoli e finanche botti grandi; la cantina sotterranea, ultimata nel 2018, ha consentito a partire da quella stessa vendemmia di lavorare per gravità, più delicatamente che in passato. Curiosità: nei vigneti, oltre all’onnipresente Malbec e a un po’ di Sauvignon, c’è anche qualche filare di Ségalin, una semisconosciuta varietà rustica del luogo ritenuta atta soltanto a vini cupi e tannicissimi… finché non ci ha messo le mani Benoît, che ne produce una versione “glu glu” dal nome di Queue de Pressoir.