

SÉBASTIEN BRUNET
Nel quadro del vino della Loira, Vouvray è terroir leggendario; un areale piccolo ma complesso, nel quale lo Chenin Banc esprime forse la sua massima complessità e la sua massima originalità su scala mondiale. Le vigne scendono fin quasi al fiume, dove le piante affondano nelle argille tra strani ciottoli di silice; ma le migliori, su schietta matrice calcarea, sono nella quinta di colline sovrastanti, in un panorama intatto, bucolico, intervallato da cantine e fattorie. Nell’immediato entroterra, a Chançay, un giovane Sébastien Brunet ha stabilito il suo quartier generale nel 2007; vi era nato e cresciuto, e vi ha quindi avviato quasi per un destino il suo progetto di viticoltura sostenibile, sfociato in vini per cui andiamo matti. Oltre a mostrare la duttilità dello Chenin Blanc, capace di distinguersi in versione secca, semisecca, dolce, liquorosa e spumante, sono uno per l’altro di una bontà travolgente, definiti da una mineralità micidiale, eppure di una soavità fruttata che non si dimentica. Sono il frutto di 15 ettari di vigne di Chenin Blanc, Grolleau e Gamay dall’età media avanzata, fino agli oltre 80 anni dello Chenin per il Vouvray “Les Pentes de la Folie”, uno dei vini-cardine della denominazione intera.
Il metodo

Tutto si riassume in tre aggettivi: artigianale, naturale, manuale. Artigianale è l’approccio, volto a ottenere fini che siano figli attendibili della propria annata e del proprio terroir; naturale la conduzione agronomica, che ha da subito ricusato diserbanti, pesticidi e simili; manuali le operazioni di vigna: la vendemmia in cassette, la cernita delle uve, le fasi tutte della vinificazione (fermentazioni spontanee, legno grande e usato, minime solfitazioni). E il vino, infatti, lascia trasparire all’assaggio un atteggiamento creativo ma non interventista, orientato al rispetto della salute dell’appassionato che li beve così come dell’ambiente che li genera.